Con l’avvicinarsi della stagione invernale, si presentano anche i primi virus influenzali, che colpiscono indifferentemente tutte le fasce d’età.

I veicoli di trasmissione possono essere rappresentati dai gesti più comuni come uno starnuto, o un colpo di tosse, in quanto i virus trovano il loro habitat ideale nella saliva. Anche le mani possono essere un mezzo di trasmissione poiché possono toccare oggetti contagiati ed è facile che vengano a contatto con le porte d’ingresso dell’organismo, ovvero viso, naso e bocca.

Oltre alla vaccinazione, il modo migliore per prevenire l’influenza è dato certamente dallo stile di vita e dalla corretta ed equilibrata alimentazione, unita ad una buona igiene, che consiste, tra le altre cose, nel lavarsi le mani frequentemente.

Tra gli alimenti più indicati per contrastare i virus influenzali troviamo:
⦁ lo zenzero, che ha la funzione di scomporre l’accumulo di tossine per ridurre il rischio di qualsiasi tipo di infezione. Inoltre, consumare il tè allo zenzero contribuisce ad alleviare dolori alla gola e a diminuire i sintomi complessivamente, perché i suoi agenti disintossicanti sono particolarmente efficaci nei polmoni e nei seni nasali;
⦁ il ribes nero, ricco di vitamina C e antiossidanti che aiutano ad alleviare i dolori influenzali;
⦁ il pesce, un’ottima fonte di nutrienti e soprattutto di vitamina B12, nota per la capacità di rafforzare il sistema immunitario;
⦁ l’aglio, che stimola la produzione di “batteri buoni” nel colon e nel resto del sistema digestivo, limitando il rischio di ammalarsi;
⦁ il cavolo, una delle verdure più sane e particolarmente indicata per la prevenzione dell’influenza. Disintossica il fegato al fine di agevolare il suo lavoro di produzione delle cellule che potenziano le difese immunitarie. Inoltre anche i nutrienti presenti nel cavolo possono aiutare a combattere le infezioni.

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Per crampo si intente una contrazione involontaria, improvvisa e continua, di uno o più muscoli, che causa intenso dolore e irrigidimento muscolare.

Anche se questa condizione può colpire tutti, la categoria che in particolare è più a rischio è quella degli sportivi.
Negli sportivi il crampo, infatti, può comparire durante l’attività, poiché può capitare che si richieda ai muscoli di fare più di quanto possano, soprattutto quando si riprende a fare moto dopo un periodo di inattività oppure quando si cambia tipo di allenamento. In queste situazioni si può verificare un affaticamento muscolare e i crampi saranno la sua manifestazione.
Inoltre quando la sudorazione è eccessiva il nostro corpo perde troppi liquidi e, con questi, i sali minerali di cui i muscoli hanno bisogno per svolgere le loro funzioni, soprattutto sodio, potassio e magnesio. Questi squilibri idroelettrolitici sono un ulteriore campanello d’allarme per la comparsa di crampi.

Molto diffusi sono i crampi notturni, che colpiscono solitamente al polpaccio, la coscia e la pianta del piede. In questo caso invece, i fattori principali possono essere:

  • sedentarietà, che indebolisce i nostri muscoli, per via delle posture prolungate e spesso scorrette che si assumono;
  • cattiva alimentazione, dovuta a squilibri e a carenze di sostanze utili per tutto il nostro corpo, muscoli compresi;
  • disidratazione, che crea un terreno fertile per i crampi muscolari perché l’acqua contribuisce a mantenere in salute anche i nostri muscoli.

Per prevenire questo disturbo, è quindi importante seguire una sana alimentazione che sia soprattutto varia e che preveda:

  1. fonti di potassio, ovvero verdura, frutti, legumi, carne e prodotti della pesca;
  2. fonti di sodio, naturalmente contenuto nei molluschi come cozze, vongole e ostriche;
  3. fonti di magnesio, contenuto maggiormente nei cereali integrali, nei legumi e nella frutta secca;
  4. fonti di calcio, quali formaggio, yogurt e latte.

È fondamentale bere acqua anche se non si ha lo stimolo, soprattutto in estate, quando la sudorazione e la conseguente perdita di liquidi aumentano.

Inoltre è importante fare esercizi di stretching tutti i giorni, soprattutto se si conduce una vita sedentaria, contribuendo così a rendere i muscoli più flessibili.

Attenzione però ad allenarsi con saggezza, nel rispetto della preparazione e dei limiti del proprio corpo. Si raccomanda di non saltare mai la fase del riscaldamento e lo stretching prima e dopo l’attività.

L’umore è generalmente flessibile: quando gli individui vivono eventi o situazioni piacevoli esso flette verso l’alto, al contrario, flette verso il basso in situazioni negative e spiacevoli.

Nelle condizioni più difficili, come in caso di depressione, l’umore non mostra questa flessibilità, ma è costantemente flesso verso il basso, indipendentemente dalle situazioni esterne.

I sintomi più comuni sono:

  • sensazione di tristezza, solitudine, apatia;
  • sviluppare un concetto di sé negativo;
  • concentrarsi su desideri regressivi e auto-punitivi;
  • cambiamenti vegetativi, come anoressia, insonnia, perdita di libido;
  • cambiamento nel livello di attività.

 

Anche in questo caso l’interazione con il cibo rappresenta un aspetto importante. Una corretta alimentazione fornisce tutti i nutrienti necessari al buon funzionamento dell’organismo, evitando scompensi che potrebbero agevolare lo sviluppo di uno stato depressivo.

Si consiglia quindi di integrare la propria dieta assumendo:

  1. CARBOIDRATI, un’ottima fonte di energia, utile per aumentare i livelli di serotonina, conosciuta come ormone del buonumore;
  2. CEREALI, meglio se integrali, che vengono assorbiti lentamente, mantenendo stabili i livelli di energia e di zucchero nel sangue;
  3. CROMO, importante per aumentare i livelli di serotonina e melatonina che aiutano a regolare le emozioni e l’umore;
  4. ACIDO FOLICO, o vitamina B9, che aiuta il corpo a sintetizzare nuove cellule e contribuisce a regolare la serotonina. Bassi livelli di acido folico, infatti, possono provocare stanchezza e si associano a stati depressivi;
  5. FERRO, importante per la funzionalità cognitiva e cerebrale;
  6. MAGNESIO, in quanto una sua carenza può provocare irritabilità, affaticamento, confusione mentale e predisposizione allo stress;
  7. VITAMINA B12, fondamentale per la formazione e il buon funzionamento del sistema nervoso;
  8. ZINCO e SELENIO, che modulano la trasmissione degli impulsi nervosi;
  9. ACIDI GRASSI OMEGA3, efficaci nel contrastare l’effetto depressivo.

Un nutrizionista può aiutarti a ristabilire il giusto rapporto con il cibo attraverso la rieducazione alimentare, creando un programma basato sulle tue specifiche esigenze.

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Le smagliature sono una traccia evidente dell’estensione cutanea provocata da un repentino aumento di peso, o molto spesso dalla gravidanza.

Si formano a causa della rottura delle fibre proteiche elastiche del derma, che è lo strato intermedio della pelle e, anche se inizialmente sono caratterizzate da linee di colore rosa o violaceo, ovvero i segni della lesione capillare, con il tempo cambiano aspetto diventando chiare e lucide.

I punti del corpo più colpiti riguardano: cosce, addome, fianchi, seno e braccia.

Anche se nella comparsa e nella guarigione delle smagliature influiscono in maniera rilevante le caratteristiche personali, ci sono alcuni accorgimenti finalizzati alla prevenzione:

  1. adattare una dieta specifica studiata per favorire l’apporto di sostanze fondamentali per il mantenimento dell’elasticità cutanea;
  2. praticare attività fisica;

 

Nello specifico la dieta contro le smagliature ha uno scopo essenzialmente preventivo e protettivo, mirando a garantire alle cellule dermiche quantità adeguate dei nutrienti necessari per la sintesi di macromolecole che conferiscono turgore ed elasticità alla pelle.

Infatti, le smagliature risultano essere più evidenti nelle persone che conducono una dieta poco equilibrata, con alcune mancanze nutrizionali.

In generale, la dieta specifica da seguire per contrastare l’insorgenza di questo problema deve prevedere il consumo di:

  • acidi grassi polinsaturi, soprattutto quelli essenziali del gruppo omega3, che mostrano una correlazione significativa con la salute della pelle;
  • sostanze fenoliche, ovvero gli antiossidanti, utili contro la lotta ai radicali liberi che compromettono la sensibilità delle membrane cellulari;
  • vitamine A e C, che svolgono rispettivamente un ruolo chiave nella difesa della pelle dai raggi UV e nella sintesi del collagene;
  • vitamina B2, fondamentale per il mantenimento della salute cutanea;
  • amminoacidi, in quanto la loro mancanza potrebbe causare una ridotta sintesi di collagene ed elastina nel derma;
  • acqua, poiché l’idratazione è una condizione fondamentale per il mantenimento dell’elasticità cutanea.

 

Per creare un programma alimentare su misura per te che rispetti le necessità del tuo corpo, rivolgiti al Dott. Giuseppe Pisano!

La sindrome del colon irritabile è un insieme di disturbi intestinali cronici, riconducibili al tratto di intestino crasso, ovvero il colon.

In questo particolare disturbo, l’intestino non presenta alcuna anomalia che riguardi l’aspetto e l’anatomia intestinale, ma all’origine di questa condizione ci sarebbe un’atipica comunicazione tra l’encefalo, le fibre nervose che rivestono l’intestino e i muscoli intestinali.

Lo strato di cellule muscolari che costituiscono parte della parete intestinale, consente il transito e la prograssione del cibo durante il processo digestivo, attraverso contrazioni ritmiche. Secondo gli studi scientifici più attendibili, la presenza della sindrome del colon irritabile sarebbe responsabile di contrazioni troppo forti e di durata troppo lunga o, al contrario, di contrazioni troppo deboli. Le contrazioni troppo forti comporterebbero l’insorgenza di sintomi, quali meteorismo, senso di gonfiore all’addome e diarrea; le contrazioni troppo deboli, invece, sarebbero all’origine di un rallentamento del transito intestinale e di problematiche come feci troppo dure o secche.

Una delle domande più frequenti dei pazienti che soffrono di colon irritabile, riguarda quali sono i cibi da evitare. Nonostante sia innegabile che la dieta influisca in modo incisivo, e la maggior parte dei pazienti riconosce il ruolo specifico di alcuni alimenti nello scatenamento dei sintomi, gli alimenti che possono intensificarli, variano da paziente a paziente, rendendo difficile l’identificazione di una dieta generica.

È comunque possibile individuare un elenco di alimenti potenzialmente più a rischio:

  • latte e derivati;
  • marmellata;
  • frutta come pesche, pere, prugne e uva;
  • verdura come cavoli, carciofi, cipolle, rucola e cetrioli;
  • patate;
  • legumi;
  • spezie, dadi e alimenti concentrati;
  • caffè e tè;
  • coca cola e bevande gassate;
  • cibo in scatola;
  • carne rossa.

Ci sono inoltre altri accorgimenti da considerare per far fronte a questa patologia: si consiglia di mangiare lentamente; consumare pasti leggeri e frequenti; ridurre l’apporto di alimenti che aumentano la produzione di gas intestinali e, per evidenziare gli alimenti in grado di causare reazioni, può essere utile ricorrere a diete di esclusione o reinserimento dei cibi sospettati.

Un nutrizionista può aiutare il paziente nella gestione di questa condizione attraverso la rieducazione alimentare, ovvero impostando un regime alimentare mirato al controllo della sintomatologia. Inoltre assiste il paziente monitorando lo stato nutrizionale, l’assunzione di macro e micronutrienti ed il livello di energia, per mantenere una corretta nutrizione e la giusta assunzione di tutti i nutrienti dal punto di vista qualitativo e quantitativo.

 

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Il ritmo cardiaco in una persona adulta a riposo, è compreso fra i 60 e i 100 battiti al minuto. Si parla di tachicardia quando il ritmo cardiaco risulta accelerato o irregolare, superando quindi la soglia dei 100 battiti al minuto.

I fattori che possono causare, direttamente o indirettamente, alterazioni nel della frequenza cardiaca sono molteplici. Oltre alla presenza di malattie cardiovascolari,  tra i più comuni troviamo: sforzo fisico, ansia, stress, stili di vita non salutari, assunzione di farmaci e febbre.

Quando il cuore batte troppo velocemente, non è in grado di pompare in maniera efficace il sangue in tutto il corpo e, conseguentemente, gli organi e i tessuti dell’organismo non ricevono più il necessario quantitativo di ossigeno. Ciò può causare la comparsa di sintomi come:

  • respiro corto;
  • senso di svenimento;
  • palpitazioni, battito cardiaco irregolare o una sensazione di fastidio al petto;
  • dolore al petto;

L’alimentazione è fondamentale nella prevenzione di questo disturbo. Seguire una dieta varia e bilanciata, ricca di frutta, verdura, cereali integrali, legumi e pesce, diminuisce il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari.

È necessario prestare attenzione al consumo di grassi saturi e colesterolo, che depositandosi nelle arterie, aumenta la possibilità di ostruirle. Si consiglia quindi di evitare carni rosse e grasse, insaccati, uova, burro, panna, dolci e cibi che contengono olio di cocco e olio di palma.

I cibi che invece aiutano a diminuire i livelli di colesterolo nel sangue, sono quelli ricchi di grassi polinsaturi come il pesce azzurro, l’avocado, le noci e i semi.

Grazie al loro contenuto di acqua, vitamine, minerali e fibre, frutta e verdura sono alimenti indispensabili per garantire al nostro organismo un pieno di vitalità e salute. Il consumo giornaliero di almeno 2 porzioni di frutta e 2 porzioni di verdura, unito al consumo di olio extra-vergine di oliva, che oltre a fornire grosse quantità di antiossidanti, contribuisce ad abbassare i livelli di colesterolo, rappresenta un vero e proprio pilastro per combattere quotidianamente il rischio di contrarre malattie cardiovascolari.

 

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La dieta vegetariana è un regime alimentare che si basa esclusivamente, o prevalentemente, su alimenti di origine vegetale. Le persone che scelgono questo tipo di alimentazione, quindi, escludono il consumo di tutti i tipi di carne e di tutti i prodotti di trasformazione industriale delle carni.
Per fare chiarezza si distinguono due modelli di riferimento principali:

1. modello latto-ovo-vegetariano, che esclude gli alimenti derivanti dall’uccisione diretta di animali, quali carne, pesce, molluschi e crostacei, ma ammette qualunque alimento di origine vegetale derivante da questi, ovvero le uova, il latte e i prodotti lattieri, i prodotti caseari, il miele e tutti gli altri prodotti di alveare;
2. modello vegano, che non solo esclude tutti i tipi di carne, pesce, molluschi e crostacei, ma prevede anche l’eliminazione dei prodotti vegetali derivanti dagli animali, creando un’ alimentazione basata completamente ed esclusivamente su cereali, legumi, frutta e verdura.

Condurre un’alimentazione povera di grassi animali, limita il rischio di contrarre malattie cardiovascolari, inoltre questo regime alimentare è ricco di polifenoli e antiossidanti, contenuti nella frutta e verdura di stagione, che oltre a combattere l’invecchiamento cellulare, contrastano l’azione dei radicali liberi. Anche le fibre sono presenti in abbondanza, ottime per mantenere intatta la salute dell’intestino e utili per colmare la sensazione di fame.
Tuttavia ci sono dei “contro”, rappresentati dal rischio di qualche carenza nutrizionale e dalla comparsa di disturbi gastrointestinali come gonfiore e sindrome dell’intestino irritabile.

Per salvaguardare l’apporto proteico, vitaminico e di alcuni minerali come ferro zinco e selenio non possono mancare:
• la soia, considerata come la fonte principale di proteine vegetali, e che tra i tanti benefici, aiuta a ridurre il colesterolo;
• i cereali, che migliorano le difese immunitarie, riducono i processi infiammatori, contribuiscono a proteggere le cellule dai radicali liberi e fanno da protezione al sistema cardio-vascolare;
• i legumi, che oltre a prevenire l’ipertensione, aiutano a controllare la glicemia e a prevenire il diabete. Inoltre, essendo ricchi di ferro, combattono l’anemia e grazie all’alta presenza di proteine aiutano ad aumentare la propria massa muscolare;
• frutta e verdura di stagione, ricca di proprietà nutritive superiori rispetto a un frutto o a una verdura maturata al di fuori del proprio arco temporale ideale;
• la frutta secca, alleata per assicurare il consumo di grassi Omega3, presenti soprattutto nelle noci.

Anche in questo caso, è fondamentale creare un programma alimentare che abbia come fondamenta la varietà e l’equilibrio.
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La Bulimia nervosa si definisce come un disturbo psichico che può comparire durante la prima adolescenza ed è caratterizzato da una costante preoccupazione per il peso e le forme del proprio corpo.

I soggetti affetti da questo tipo di disturbo tendono ad esercitare in maniera eccessiva il controllo sulla propria dieta, seguendo un regime ferreo e spesso povero di nutrienti essenziali. Ciò che però caratterizza la Bulimia, è l’improvvisa sensazione di fame incontrollabile che si soddisfa con delle grosse quantità di cibo ingerite velocemente. Dopo queste abbuffate, chiaramente si palesa la paura di aumentare di peso, che spinge a sua volta la messa in atto di comportamenti “compensatori”, ovvero vomito indotto, uso improprio di lassativi, digiuno ed eccessivo esercizio fisico.

Il vomito ripetuto e l’abuso di lassativi o diuretici inducono scompensi dei livelli ematici di potassio, con serie ripercussioni a livello cardiaco, renale e cerebrale, oltre a provocare patologie secondarie come gastriti, esofagiti, emorroidi e prolasso rettale. Inoltre il vomito  può condurre ad una cospicua e permanente perdita dello smalto dentale, specialmente dei denti incisivi, e aumenta la frequenza delle carie.

Per contrastare la Bulimia nervosa, si attua una terapia cognitivo – comportamentale. L’obbiettivo del trattamento è, innanzitutto, quello di normalizzare il comportamento alimentare, in quanto i pazienti devono riacquistare accettabili attitudini nei riguardi del cibo e modificare la convinzione che il peso costituisca l’unico o il principale fattore in base per valutare il proprio valore personale.

L’intervento di un nutrizionista, in questo frangente, può aiutare sul fronte della rieducazione alimentare. È fondamentale riabituare il paziente ad un’alimentazione corretta, aiutarlo a stabilire  sequenze di pasti regolari, e incoraggiarlo nella pratica di esercizio fisico controllato e non eccessivo.

Il reflusso gastroesofageo è un disturbo legato alla risalita del contenuto gastrico nell’esofago che, non avendo le debite protezioni verso un pH tanto acido, nel lungo termine può danneggiarsi determinando una sintomatologia caratterizzata da: pirosi retrosternale, rigurgito e dolore epigastrico. Ciò che determina questo disturbo è l’alterazione dell’equilibrio tra gli agenti aggressivi, ovvero il contenuto gastrico acido e quelli preventivo-difensivi dell’esofago.
L’alimentazione diventa quindi di fondamentale importanza per evitare o ridurre questo disturbo: sono consigliati alimenti magri e ricchi di proteine come carne bianca, uova e pesce perché più facili da digerire, cereali integrali a basso contenuto di grassi che assorbono i succhi gastrici dello stomaco, verdura fresca e frutta a basso contenuto di acido citrico come meloni, pere, mele, banane e frutti di bosco in quanto mantengono accettabile il tasso di acidità dello stomaco. Sono da evitare invece alimenti ricchi di grassi, cioccolato, menta, bevande gassate o a base di caffeina, pomodori crudi e spezie come pepe, peperoncino e noce moscata.
Oltre all’alimentazione, per combattere questo disturbo è consigliato bere molta acqua e condurre uno stile di vita sano. Tenere sotto controllo il peso è quanto viene richiesto ai pazienti, ancor prima di iniziare la terapia, ed è quindi opportuno svolgere attività fisica a bassa intensità.
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La ritenzione idrica è una tendenza delle cellule a trattenere liquidi, tossine e sali minerali. Nello specifico, si tratta di uno squilibrio tra due sali minerali, potassio e sodio: quando quest’ultimo è in quantità maggiore rispetto al potassio, il corpo tende a trattenere più liquidi e tossine, influenzato inoltre dall’alterazione del sistema circolatorio venoso e linfatico. Il ristagno dei fluidi avviene in zone specifiche del corpo predisposte all’accumulo di grassi, ovvero addome, cosce e glutei. Tutto ciò causa un’ alterazione del metabolismo cellulare, compromesso dallo scarso apporto di ossigeno.

La ritenzione idrica, inoltre, è uno dei fattori che possono causare una dilatazione delle pareti delle vene delle gambe, dando origine all’insufficienza venosa: si tratta di una condizione patologica per cui il sangue delle vene ha difficoltà a ritornare al cuore dopo essere arrivato fino agli arti inferiori, dove tende a ristagnare.

In assenza di una patologia specifica, il responsabile di questa condizione è uno stile di vita poco equilibrato. Tra le cause principali troviamo:

una dieta povera di proteine;

un consumo eccessivo di alimenti ricchi di sodio;

troppa sedentarietà;

fumo e abuso di alcolici;

alterazioni ormonali;

utilizzo di abiti troppo stretti e tacchi troppo alti, soprattutto se indossati per un’attività che implica stare in piedi per un tempo prolungato.

I sintomi più comuni per chi soffre di ritenzione idrica sono: gonfiori, dolore agli arti, riduzione del flusso urinario, stanchezza e formicolii. È bene non confonderla con la cellulite in quanto, nonostante le aree interessate e la manifestazione visiva siano simili, quest’ ultima è un’ infiammazione del tessuto sottocutaneo che provoca la famosa pelle a “buccia d’arancia”.

Per combattere la ritenzione idrica un’alimentazione sana e bilanciata è il primo elemento da considerare. Prediligere cibi particolarmente drenanti, diuretici, ricchi di acqua e con livelli bassi di sodio, è fondamentale. Aumentare il consumo di frutta, verdura, formaggi freschi, fibre e cereali integrali comporta notevoli benefici poiché favorisce la motilità intestinale e diminuisce il rischio di stitichezza, disturbo che può ridurre il deflusso venoso addominale. Inoltre è importante limitare il consumo di sale, sostituendolo per esempio con spezie, limone, aceto o olio extravergine d’oliva.

Assumere la giusta quantità d’acqua durante la giornata è necessario. Bere almeno due litri di acqua al giorno stimola la diuresi e favorisce l’espulsione dei liquidi di troppo.

Un altro alleato importante contro la ritenzione idrica è l’attività fisica. Gli sport più indicati sono gli sport acquatici poiché l’acqua massaggia gli arti gonfi e stimola la circolazione sanguigna e linfatica, favorendo il ritorno venoso.

Per garantire il giusto sostegno al tuo corpo, ed assicurarti di assumere tutti i nutrienti in giusta dose, rivolgiti al Dott. Giuseppe Pisano!