In occasione di Marzo, mese dedicato alla sensibilizzazione dei Disturbi del Comportamento Alimentare, approfondiamo questa problematica, purtroppo molto diffusa e con un esordio sempre più precoce tra le fasce più giovani della popolazione.

Per DCA o disturbo del comportamento alimentare, si intende una patologia caratterizzata da un rapporto patologico con l’alimentazione e con il proprio corpo. Chi ne è affetto presenta una preoccupazione eccessiva per il peso e per le forme del corpo, e ciò è causa di profondo disagio.
Si tratta di un disturbo che emerge soprattutto durante l’adolescenza, in particolare nel genere femminile, ma può presentarsi in qualunque soggetto ed è una patologia da non prendere mai sottogamba.
Soffrire di un disturbo dell’alimentazione, di fatti, può sconvolgere la vita di una persona e limitarne molti aspetti di vita, come le relazioni, il lavoro e la vita sociale. Ogni ambito della vita inizia a ruotare ossessivamente attorno al cibo e alla paura di ingrassare e persino una cena con amici o occasioni felici come matrimoni e festività diventano ben presto fonte di ansia.

 

Quali sono i principali disturbi dell’alimentazione?
I principali disturbi dell’alimentazione sono

  • anoressia nervosa;
  • bulimia nervosa;
  • disturbo da alimentazione incontrollata (o binge eating disorder, BED);
  • Disturbi della nutrizione (feeding disorders);
  • Disturbi alimentari sottosoglia, categoria utilizzata per descrivere quei pazienti che pur avendo un disturbo alimentare clinicamente significativo, non soddisfano i criteri per una diagnosi piena.

Come si presentano i disturbi del comportamento alimentare?
I comportamenti tipici di un disturbo dell’alimentazione sono generalmente:

  • diminuzione del cibo ingerito;
  • digiuno
  • crisi bulimiche, ovvero ingestione di grandi quantità di cibo in poco tempo;
  • vomito per tenere sotto controllo il peso;
  • uso di lassativi e diuretici, per controllare il peso;
  • intensa attività fisica

NB: Alcune persone possono ricorrere ad uno o più di questi comportamenti, ma ciò non vuol dire necessariamente che esse soffrano di un disturbo dell’alimentazione. Ci sono infatti dei criteri diagnostici ben precisi che chiariscono cosa debba intendersi come patologico e cosa invece non lo è.

 

Una problematica diffusa ma difficile da affrontare
Sfortunatamente, solo una minima percentuale di persone che soffrono di disturbo dell’alimentazione chiedono aiuto. Ciò accade perché non sempre si riesce a comprendere di avere un reale problema, e si sente gratificata dalla perdita di peso e dai complimenti che riceve di conseguenza, rinforzando così l’idea di essere sulla strada giusta. Tuttavia, il problema diventa evidente quando la perdita di peso si fa davvero eccessiva, e ciò innesca un meccanismo complicato per cui amici e familiari percepiscono che qualcosa non va, ma non sanno come affrontare l’argomento.

Odiare il proprio corpo
Una delle caratteristiche maggiormente presenti nei DCA è l’alterazione della propria immagine corporea. Chi soffre di questo tipo di disturbi, percepisce il proprio corpo in modo alterato e non rispondente alla realtà, e ciò finisce per influenzare ogni aspetto della propria vita.
Spesso chi soffre di anoressia non riesce a giudicare il proprio corpo in modo obiettivo; l’immagine che rimanda lo specchio è ai loro occhi quella di una ragazza coi fianchi troppo larghi, con le cosce troppo grosse e con la pancia troppo “grande”. Per le persone che soffrono di bulimia nervosa l’angoscia può essere ancora più forte per il fatto che il fatto di perdere il controllo sul cibo fa percepire il peso corporeo (che molto spesso è normale) come eccessivo. Sia nell’anoressia nervosa che nella bulimia nervosa, la valutazione di sé stessi dipende in modo eccessivo dal peso e dalla forma del proprio corpo.
Spesso il disturbo alimentare è associato ad altre patologie psichiatriche, in particolare la depressione, ma anche i disturbi d’ansia, l’abuso di alcool o di sostanze, il disturbo ossessivo-compulsivo e i disturbi di personalità. Questo tipo di disturbi occupano uno spazio molto particolare nell’ambito della psichiatria, poiché oltre a “colpire” la mente e quindi a provocare un’intensa sofferenza psichica, essi coinvolgono anche il corpo con delle complicanze fisiche talvolta molto gravi.

Il ruolo del nutrizionista nei disturbi del comportamento alimentare
Il ruolo del nutrizionista nell’ambito dei disturbi del comportamento alimentare può essere decisivo, proprio perché tali disturbi originano dal rapporto che si ha con il cibo e con il proprio corpo. A causa di un’eccessiva importanza attribuita al peso e alla forma del corpo, nonché all’ossessiva idea di controllare questi aspetti, l’individuo rischia di danneggiare in maniera significativa la propria salute fisica e anche psicologica. Affrontare questa problematica richiede un intervento multidisciplinare, con la collaborazione di un nutrizionista, che si occuperà dell’aspetto nutrizionale, e di uno psicologo, che avrà il ruolo di sostenere e guidare l’individuo ad una maggiore consapevolezza circa il proprio problema.
In particolare, il nutrizionista punta a regolarizzare l’alimentazione attraverso l’adozione di linee guida alimentari più flessibili: una dieta sana e variegata, pasti regolari e comportamenti alimentari consapevoli e funzionali sono il punto di partenza per tutti i successivi cambiamenti.
Se pensi di soffrire di disturbi dell’alimentazione, sappi che la soluzione esiste ed è assolutamente praticabile. Chiedere aiuto ti permetterà di vivere meglio il tuo rapporto con il cibo, di apprezzare l’unicità e la bellezza del tuo corpo e di riacquistare la serenità in ogni aspetto della tua vita.
Non aspettare. Rivolgiti a Nutrizione Pisano per un consulto.

Le abitudini alimentari dei primi anni di vita possono avere un’importanza radicale nello stato di salute futuro dell’individuo. A confermarlo è un recente report di “OKkio alla Salute”, il sistema di sorveglianza del Ministero della Salute sul sovrappeso e l’obesità e i fattori di rischio correlati nei bambini delle scuole primarie.

I risultati del report sono allarmanti: su un campione di 50mila bambini di terza elementare, il 20,4% è in sovrappeso e il 9,4%. Il dato più grave riguarda il fatto che tale condizione non migliora con la crescita: circa l’80% dei bambini obesi resta tale anche da adulto.

Le cause di questo problema sono da imputare a diversi fattori, primo fra i quali la qualità degli alimenti offerti ai bambini, troppo spesso sottovalutata: cibi pronti, zucchero, fast food… già nei primi anni di età, i bambini sono spesso sottoposti ad un’alimentazione poco equilibrata e non funzionale ad una corretta crescita, a causa di consuetudini alimentari errate o poco curate a livello familiare.

Siamo ciò che mangiamo: non è solo una citazione, ma una realtà, ed è per questo che la nostra alimentazione deve essere molto più curata di quanto lo sia ora.
Rivolgiti a Nutrizione Pisano per ideare un percorso nutrizionale equilibrato, sano e adatto alle specifiche esigenze, per te e per la tua famiglia.

La fame nervosa non nasce da un bisogno fisiologico di nutrirsi, ma è scatenata da fattori psicologici come:

  • stress;
  • ansia;
  • noia;
  • tristezza.

È un disturbo alimentare che si verifica quando non riusciamo a gestire o controllare questo tipo di emozioni o sensazioni, oppure tendiamo a vivere situazioni complicate a cui non riusciamo a trovare una soluzione.

In questi casi, il cibo diventa uno strumento, mal utilizzato, nel quale rifugiarci per non dover affrontare ciò che ci fa stare male. Più le emozioni sono forti e meno le riusciamo a gestire, più il bisogno di mangiare diventa compulsivo e incontrollato.

Secondo alcuni studi le persone comprese fra i 16 e i 40 anni hanno sofferto almeno una volta nella vita di fame nervosa e le donne sono quelle più inclini a soffrirne.

Ma come si fa a capire se siamo presi da un attacco di fame nervosa? Ci sono dei segnali che ci indicano che non stiamo mangiando per necessità, ma stiamo tentando di non affrontare le nostre emozioni:

  • un continuo stato di ansia oppure di tristezza;
  • mangiare quando non ne avvertiamo un bisogno fisiologico;
  • mangiare per consolazione o in sostituzione a qualcosa che ci manca o di cui non riusciamo a trovare piacere;
  • mangiare tutto ciò che capita, soprattutto unendo cibi dolci a quelli salati;
  • mangiare senza assaporare il cibo e senza trovare piacere nel pasto;
  • provare senso di rilassatezza dopo aver ingurgitato grandi quantità di cibo, ma anche un senso di vergogna per l’abbuffata appena fatta.

Può sembrare difficile uscire da una situazione che sembra più grande di noi. Il primo passo è sicuramente la conoscenza e la consapevolezza di noi stessi e delle nostre emozioni: ogni volta che sentiamo l’impulso irrefrenabile di mangiare qualcosa, proviamo a soffermarci sulle nostre emozioni. Capire cosa c’è che non va, ci aiuta a focalizzarci meglio su come trovare una soluzione per cambiare ciò che ci fa stare male.

Anche provare a impiegare il tempo in maniera diversa facendo attività sportiva o un’attività rilassante aiuta molto. In questo modo possiamo scaricare le tensioni e liberare la testa, sentendo meno il bisogno di coccolarci con cibi che non ci fanno bene.

In questi casi è molto importante scegliere di rivolgersi a professionisti in grado di ristabilire un equilibrio fisico e psicologico, lavorando sul rapporto con il cibo.

Il Covid-19 non ha fermato la lotta ai disturbi alimentari, infatti, anche durante l’emergenza sanitaria, Il Ministero della Salute ha fortemente sostenuto i progetti CCM:
la piattaforma per il contrasto alla malnutrizione in tutte le sue forme;
la mappatura territoriale (MANUAL) dei centri dedicati alla cura dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione.

Attraverso la Piattaforma per il contrasto alla malnutrizione, il Ministero della Salute mira a promuovere la dieta mediterranea, considerandola non solo ottima dal punto di vista alimentare, ma anche come un vero e proprio “stile di vita”, per la lotta ai disturbi legati all’alimentazione, e per la prevenzione di numerose patologie.
Lo studio, portato avanti anche nel periodo della pandemia, ha constatato che negli ultimi cinque anni si è riscontrato un calo dell’età media in cui si va incontro ai primi segni di disturbi alimentari.

Il numero e la percentuale di ricoveri per diagnosi principale di bulimia nervosa (BN) mostra un decremento dei ricoveri dal 2014 al 2018, in particolare nelle femmine, passando da 1 su 100.000 abitanti a 0,73 su 100.000 abitanti.

Invece, confrontando il tasso di ospedalizzazione del 2018 per anoressia nervosa (AN) distribuito per età con lo stesso studio riferito agli anni 2004-2005 emerge una distribuzione sovrapponibile nell’età adolescenziale con un picco intorno ai 17 anni, mentre risulta significativamente diminuito il tasso di ospedalizzazione nell’età adulta.

Per quanto riguarda i tassi di ospedalizzazioni nelle diverse regioni italiane, emergono forti differenze tra una regione e l’altra: nelle regioni dove sono presenti reti di servizi diffuse e specializzate nel trattamento dei disturbi alimentari, il tasso di ospedalizzazione è molto più basso, evidenziando come un intervento precoce nel territorio possa evitare l’aggravarsi dei quadri clinici e migliorare la prognosi.

Riguardo al progetto MANUAL, il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore della Sanità, portano avanti un puntuale aggiornamento della mappatura di strutture e associazioni dedicate ai disturbi alimentari. Il fine è quello di garantire ai soggetti affetti da queste patologie e alle loro famiglie, i migliori livelli di intervento immediato.

La fame nervosa è un disturbo alimentare che può interessare qualunque soggetto, ma che in genere riguarda le persone che si trovano nella fascia di età compresa tra i 16 e i 40 anni. Numerose statistiche affermano che i soggetti di sesso femminile sono quelli maggiormente interessati dal disturbo in questione.

Questa condizione, in cui subentrano fattori psichici, ti spinge a mangiare in modo automatico, compulsivo e malsano. Solitamente, infatti, i cibi in cui si trova conforto sono molto calorici.

Le cause scatenanti possono essere diverse, ma le più comuni sono le sensazioni di:
delusione;
rabbia;
tensione e agitazione;
ansia;
stress.

In queste circostanze, ci si ritrova ad utilizzare l’assunzione di cibo come arma per fronteggiare e placare il disagio derivante da tali situazioni emotive.

La fame nervosa non può solo portare a un aumento di peso, ma contribuisce in modo importante a causare diverse malattie, come ad esempio diabete, infarto e ictus.
Inoltre, la maggior parte delle persone vive i chili di troppo come un disagio psicologico.

Quindi, come difenderci in maniera naturale?
Indubbiamente la prima cosa da fare è quella di lavorare sulle proprie emozioni e sensazioni, imparando con il tempo a gestirle.
Tuttavia esistono delle strategie per iniziare a contrastare il problema: un modo semplice e efficace per evitare l’eccesso di cibo è concentrare la dieta su alimenti sani e preparati in casa.
Cerca di limitare il consumo di farina bianca, alternandola alle farine integrali; di mangiare con moderazione tutto ciò che è ricco di grassi e zuccheri, e ovviamente le carni lavorate e trasformate.

Seguire una dieta di questo tipo fornirà un senso di sazietà maggiore per unità calorica. In questo modo, sarà più naturale escludere automaticamente tutti gli altri cibi che ti portano a mangiare anche quando non hai fame.

Per maggiori informazioni consulta il Dott. Giuseppe Pisano.

La Bulimia nervosa si definisce come un disturbo psichico che può comparire durante la prima adolescenza ed è caratterizzato da una costante preoccupazione per il peso e le forme del proprio corpo.

I soggetti affetti da questo tipo di disturbo tendono ad esercitare in maniera eccessiva il controllo sulla propria dieta, seguendo un regime ferreo e spesso povero di nutrienti essenziali. Ciò che però caratterizza la Bulimia, è l’improvvisa sensazione di fame incontrollabile che si soddisfa con delle grosse quantità di cibo ingerite velocemente. Dopo queste abbuffate, chiaramente si palesa la paura di aumentare di peso, che spinge a sua volta la messa in atto di comportamenti “compensatori”, ovvero vomito indotto, uso improprio di lassativi, digiuno ed eccessivo esercizio fisico.

Il vomito ripetuto e l’abuso di lassativi o diuretici inducono scompensi dei livelli ematici di potassio, con serie ripercussioni a livello cardiaco, renale e cerebrale, oltre a provocare patologie secondarie come gastriti, esofagiti, emorroidi e prolasso rettale. Inoltre il vomito  può condurre ad una cospicua e permanente perdita dello smalto dentale, specialmente dei denti incisivi, e aumenta la frequenza delle carie.

Per contrastare la Bulimia nervosa, si attua una terapia cognitivo – comportamentale. L’obbiettivo del trattamento è, innanzitutto, quello di normalizzare il comportamento alimentare, in quanto i pazienti devono riacquistare accettabili attitudini nei riguardi del cibo e modificare la convinzione che il peso costituisca l’unico o il principale fattore in base per valutare il proprio valore personale.

L’intervento di un nutrizionista, in questo frangente, può aiutare sul fronte della rieducazione alimentare. È fondamentale riabituare il paziente ad un’alimentazione corretta, aiutarlo a stabilire  sequenze di pasti regolari, e incoraggiarlo nella pratica di esercizio fisico controllato e non eccessivo.

I casi di intolleranza al glutine sono sempre più diffusi e sembra che molte persone ne soffrano senza saperlo. Questo avviene perché si sottovalutano alcuni sintomi che possono venir fuori a qualsiasi età e che spesso non si collegano con facilità a questo tipo di intolleranza.
Il glutine è un complesso proteico, formato dall’unione di due tipologie di proteine ed è presente nei cereali e nel frumento. La prolamina è una delle frazioni proteiche che costituiscono il glutine, ed è la responsabile dell’effetto tossico per chi soffre di intolleranze e celiachia.
A differenza delle allergie al grano, la Celiachia non è indotta dal contatto epidermico con il glutine, ma esclusivamente dalla sua ingestione. La conseguenza è un’infiammazione che danneggia il rivestimento dell’intestino, provocando gravi danni alla mucosa intestinale quali l’atrofia dei villi intestinali, e ostacolando l’assorbimento di alcuni nutrienti essenziali. Se non trattato, questo disturbo può portare a complicanze anche drammatiche, come il linfoma intestinale.
i sintomi principali della celiachia che possono far scattare il campanello d’allarme sono:
· gonfiore, dolore addominale e diarrea, per quanto riguarda i sintomi intestinali;
· stanchezza cronica, una sensazione costante di debolezza e mancanza di energia;
· iponutrizione e perdita di peso, poiché la celiachia ostacola l’assorbimento di importanti nutrienti che l’organismo ottiene dal cibo;
· anemia, ovvero una diminuzione di emoglobina nel sangue;
· dermatite erpetiforme, attualmente considerata come la variante cutanea della malattia celiaca, si manifesta soprattutto in corrispondenza di gomiti, ginocchia e glutei.
La completa esclusione del glutine dalla dieta non è facile da realizzare: i cereali non permessi ai celiaci si ritrovano in numeorsi prodotti alimentari ed il rischio di contaminazione accidentale da glutine è spesso presente nei processi di lavorazione dell’industria alimentare.
Si consiglia quindi una dieta ricca di frutta, verdura e legumi. A seguire latte e derivati, carne persce e uova. Quando si consumano alimenti confezionati si consiglia di leggere sempre attentamente l’etichetta per essere certi che non ci siano tracce di glutine.
Per garantire il giusto apporto di nutrienti al tuo corpo, è opportuno rivolgersi ad un professionista in grado di creare una dieta adeguata ai propri bisogni specifici.

La tiroide svolge la funzione di regolatore nel nostro organismo. I piani su cui agisce sono molteplici: regola le funzioni essenziali, il consumo energetico, la salute delle ossa, e nelle donne anche la fertilità. In Italia sono più di 6 milioni le persone affette da problemi legati a questa fondamentale ghiandola. Le patologie più diffuse sono:
· l’ ipotiroidismo, ovvero quando la tiroide lavora meno di quanto dovrebbe, producendo un quantità insufficiente di ormoni;
· l’ ipertiroidismo, cioè quando la tiroide lavora più di quanto dovrebbe, producendo tiroxina in modo eccessivo e generando una serie di scompensi che rischiano di compromettere la salute e la qualità della vita.
Entrambe le patologie, oggi, sono curabili farmacologicamente, ma anche l’alimentazione gioca un ruolo fondamentale nel funzionamento di questa ghiandola.
Chi soffre di ipertiroidismo potrebbe notare un dimagrimento inspiegato, dovuto proprio all’iperattività della tiroide. Più che aumentare l’apporto calorico quotidiano per recuperare il peso perso, è indispensabile impostare uno stile alimentare completo ed equilibrato che garantisca l’assimilazione dei più importanti principi nutritivi, ricco di vitamine e sali minerali.
Il primo nemico per chi soffre di ipertiroidismo è lo iodio, da evitare innanzitutto come componente del sale. Una particolare attenzione, inoltre, deve essere posta sui cibi che contengono elevate quantità di questo elemento, come i crostacei e i molluschi in generale.

Al contrario chi soffre di ipotiroidismo tra i vari sintomi, potrebbe notare un aumento di peso corporeo, dovuto al rallentamento del metabolismo. Anche in questo caso è necessario seguire una sana alimentazione, che prevede di scegliere proteine animali ricche di ferro, come carni rosse cotte a bassa temperatura, e di iodio come pesce, alghe, frutti di mare. È bene invece non eccedere con le diete ricche di uova e salumi perché tendono a rallentare la funzionalità della tiroide.

In entrambi i casi si raccomanda di introdurre nell’ alimentazione molta frutta, verdura e legumi come ceci, fagioli, lenticchie e soia.

Per avere maggiori informazioni consulta il Dott. Giuseppe Pisano!

Il diabete è una malattia caratterizzata dall’aumento del glucosio nel sangue, legato in genere ad un’ anomala produzione di insulina da parte del pancreas. Se non curata, possono insorgere gravi complicazioni a carico dei reni, del sistema cardiovascolare e del sistema nervoso. Tra le cause principali troviamo una cattiva alimentazione ricca di zuccheri e la sedentarietà.

La maggior parte dello zucchero che ingeriamo, deriva non solo dai cibi di produzione industriale, dai dolci e dalle bevande gassate, ma anche dal cibo spazzatura come hamburger, würstel e cibi in scatola.

Quando si eccede con questo tipo di alimentazione, si va incontro ad una serie di sintomi che rappresentano campanelli d’allarme: aumento di peso; formazione di grasso addominale; sonnolenza dopo i pasti; attacchi di fame improvvisi e frequenti; problemi allo stomaco; mal di testa e frequenza cardiaca alterata.

In presenza di almeno due di questi sintomi è fondamentale rivolgersi ad uno specialista per riequilibrare la propria dieta e regolare la propria attività fisica.

Tuttavia ci sono piccoli accorgimenti a tavola che possono aiutare a prevenire e controllare questa condizione.

  1. È fondamentale aumentare l’apporto di fibre poiché, soprattutto quelle contenute nelle verdure, assorbono una parte degli zuccheri forniti dal pasto, impedendone così l’assimilazione;

  2. Insieme ai cereali, è importante consumare proteine in ogni pasto, alternando pesce, legumi, carni magre, uova, ricotta e fiocchi di latte;

  3. Ridurre al minimo il consumo di salumi e carni rosse aiuta a preservare la salute di fegato, cistifellea e pancreas, oltre che a prevenire l’aumento di peso;

  4. Importante è anche sostituire lo zucchero con la stevia, che contribuisce a ridurre il desiderio di dolce e non alza la glicemia nel sangue;

  5. Per aumentare l’efficacia dell’insulina, aiuta consumare alimenti ricchi di cromo;

  6. Inoltre è consigliato di eliminare il consumo di bevande zuccherate poiché lo zucchero che arriva nel sangue attraverso i liquidi crea picchi glicemici più elevati e riduce la sensibilità all’insulina più velocemente;

  7. Infine è fondamentale assicurarsi un’ idratazione ottimale bevendo frequentemente acqua.

Per maggiori informazioni consulta il dott. Giuseppe Pisano:

L’ obesità è una condizione caratterizzata da un accumulo eccessivo di grasso corporeo.

Negli ultimi anni, tale problema ha avuto una crescita costante e decisamente preoccupante, poiché non coinvolge più soltanto gli adulti ma anche i più piccoli.

Problemi anche piuttosto importanti di sovrappeso sono stati riscontrati sempre di più tra i bambini e gli adolescenti. In Italia, in particolare, un bambino su dieci soffre di obesità, con una maggiore prevalenza nel centro sud.
Si tratta di un dato sicuramente allarmante, poiché alcune delle patologie conseguenti sono ipertensione, diabete di tipo 2 e problemi cardiovascolari.
Tra le principiali cause troviamo una cattiva alimentazione, associata ad una ridotta attività fisica o a fattori genetici, mentre alcuni casi sono legati ad alterazioni ormonali come ipertiroidismo o disfunzioni surrenali.
La chiave per combattere questa condizione è la prevenzione, basata sul controllo del peso attraverso una dieta equilibrata e uno stile di vita sano. Svolgere attività fisica è importante, ed è suggerita almeno tre volte a settimana, purché sia fatta con esperti capaci di elaborare le necessità e le capacità del bambino.

Così come nello sport, anche dal punto di vista alimentare è fondamentale farsi seguire da uno specialista in grado di creare un percorso che garantisca ottimi risultati ottenuti con serenità.
Rivolgiti al Dott. Giuseppe Pisano per costruire uno stile di vita sano per il tuo bambino!