Celiachia, intolleranza e allergia sono tre disturbi diversi, le cui cause sono ben distinte.

La celiachia è una malattia autoimmunitaria che colpisce solo soggetti geneticamente predisposti. In questi casi, le cellule del sistema immunitario, innescate dal contatto con il glutine, attaccano la mucosa dell’intestino tenue, distruggendo i villi (piccole protuberanze a forma di dito responsabili dell’assorbimento dei vari nutrienti e minerali che, attraverso la parete dell’intestino tenue, vanno a finire nel sangue) e determinano, a lungo andare, malassorbimento e malnutrizione.

I fattori essenziali, quindi, per lo sviluppo della malattia celiaca sono:
– una dieta con cereali contenenti glutine;
– presenza di specifiche sequenze nei geni che definiscono la struttura con cui le nostre cellule immunitarie riconoscono i diversi elementi che vengono a contatto con esse.

I sintomi della celiachia sono estremamente variabili:
nella cosiddetta FORMA CLASSICA (di solito con ESORDIO DA BAMBINI) dominano i sintomi e i segni da malassorbimento, come episodi di diarrea, meteorismo (addome gonfio) anche marcato, dolori addominali crampiformi e scarso accrescimento.

Tuttavia, sempre più frequentemente la celiachia si manifesta in ETÀ ADULTA con sintomi extra-intestinali aspecifici (detti anche SINTOMI ATIPICI), tra i quali, ad esempio, anemia da carenza di ferro, osteoporosi, debolezza muscolare, disturbi della fertilità e ripetuti aborti spontanei, alterazioni della coagulazione, afte orali, alopecia, formicolio a livello delle mani e dei piedi e convulsioni.
Spesso, però, questi sintomi sono lievi e la diagnosi corretta richiede anni.

Questa patologia può anche manifestarsi con i sintomi delle malattie associate ad essa: le malattie autoimmuni della tiroide, il diabete di tipo 1, la psoriasi, la gastrite, le epatiti autoimmuni e, soprattutto, la dermatite erpetiforme di Duhring, malattia caratterizzata da vescicole estremamente pruriginose che compaiono sulla superficie degli arti, sulla schiena e sui glutei.

L’intolleranza invece è un fenomeno di ipersensibilità. Si scatena, una sorta di meccanismo di accumulo, per cui un eccesso di glutine genera l’insorgenza di sintomi quali diarrea, gonfiore addominale, mal di pancia, crampi, perdita di peso.
Anche in questo caso, i sintomi possono essere dolore e disagio del tratto digestivo, costipazione cronica o diarrea (talvolta alternati, simulando in tal senso una sindrome da colon irritabile), difetto della crescita nei bambini, anemia (apparentemente ingiustificata e che non risponde all’integrazione alimentare marziale) e stanchezza.

Infine l’allergia è mediata dal sistema immunitario, in particolare dall’azione delle immunoglubuline che causano una reazione allergica, quasi immediata (a distanza di minuti o di ore), in seguito a ingestione di un dato alimento.

Chi soffre di queste patologie è pertanto obbligato a sospendere l’assunzione di glutine per tutta la vita ed è dunque fondamentale limitarsi al consumo di prodotti con la dicitura “senza glutine”, dato che in questi soggetti non vengono tollerate neanche le contaminazioni.

Soprattutto in questo caso è fondamentale rivolgersi ad un professionista per creare un programma alimentare sano, equilibrato e completo!
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L’ intolleranza alimentare è uno de disturbi  più comuni legati al cibo.

  • Quelle enzimatiche sono determinate dall’incapacità, per difetti congeniti, di metabolizzare alcune sostanze presenti nell’organismo. L’intolleranza enzimatica più frequente è quella al lattosio, una sostanza contenuta nel latte; un altro esempio di intolleranza dovuta alla carenza di un enzima è il favismo.
  • Le intolleranze farmacologiche si manifestano in soggetti che hanno una reattività particolare a determinate molecole presenti in alcuni cibi.
  • In alcuni casi, infine, la reazione può essere dovuta ad alcuni additivi aggiunti agli alimenti. Non è ancora chiaro se in questo caso si tratti di intolleranza o di allergia: non ci sono prove che la reazione abbia basi immunologiche, ma le manifestazioni sono così variabili che non si può escludere la possibilità di un’interazione tra meccanismi biochimici e meccanismi mediati immunologicamente.

Sintomi e complicanze

La sintomatologia associata alle intolleranze alimentari è piuttosto variabile: generalmente si riscontrano sintomi prettamente intestinali (gonfiore, dolori addominali, diarrea, vomito, perdita di sangue con le feci), in alcuni casi sono presenti anche mal di testa, sonnolenza, palpitazioni. Le allergie, invece, poiché sono scatenate da meccanismi immunologici, possono manifestarsi anche senza sintomi intestinali.

La sintomatologia legata alle intolleranze può in alcuni casi divenire cronica; le allergie possono avere anche complicanze più gravi, fino allo shock anafilattico.

L’indagine utilizzata per accertare la diagnosi consiste nell’individuare l’alimento sospetto, eliminarlo dalla dieta per 2-3 settimane e poi reintrodurlo per altre 2-3 settimane. Se i sintomi scompaiono durante il periodo in cui viene abolito l’alimento e si ripresentano nel momento in cui viene reintrodotto nella dieta si tratta di una reazione avversa al cibo. A questo punto si verifica, attraverso test diagnostici, se è coinvolto il sistema immunitario e se si tratta pertanto di un’allergia; in caso contrario il disturbo è molto probabilmente dovuto a un’intolleranza.

Oggi esistono anche dei “test alternativi” (per esempio il test citotossico) per diagnosticare le intolleranze alimentari, ma sono privi di attendibilità scientifica e non hanno dimostrato efficacia clinica.

Il trattamento per le intolleranze alimentari, come per le allergie, consiste nell’eliminare dalla dieta o consumare in piccole quantità gli alimenti che provocano la reazione.

Intolleranza al lattosio

La più comune intolleranza enzimatica è quella al lattosio, generalmente ereditaria e molto diffusa in Asia e in alcune regioni dell’America. In Europa, è più frequente nelle aree mediterranee, tra cui l’Italia.

Il lattosio è lo zucchero contenuto nel latte. Prima di essere assorbito e utilizzato dall’organismo il lattosio deve essere scomposto nelle sue componenti, il glucosio e il galattosio. Per effettuare questa operazione è necessario un enzima chiamato lattasi. Se non vengono prodotte sufficienti quantità di lattasi una parte del lattosio può non essere digerito.

Una scarsa produzione di lattasi non implica necessariamente l’intolleranza al lattosio. Pertanto, questa intolleranza può essere ridotta attraverso la graduale reintroduzione nella dieta dei cibi contenti lattosio.

La sintomatologia è dose-dipendente: maggiore è la quantità di lattosio ingerita, più evidenti sono i sintomi, che possono includere flatulenza, diarrea, gonfiore e dolori addominali.
In caso di diagnosi di intolleranza al lattosio non è sempre necessario eliminare i prodotti che lo contengono, a volte è possibile individuare la quantità di lattosio che può essere tollerata senza scatenare sintomi. Se l’intolleranza è lieve possibile controllare i sintomi bevendo il latte durante i pasti, sostituendo i prodotti freschi con quelli fermentati, bevendo latte povero di lattosio. Alcuni formaggi (parmigiano, emmental, cheddar, edam) contengono pochissimo lattosio. Se l’intolleranza è grave è importante fare attenzione e leggere accuratamente le etichette degli alimenti: il lattosio, infatti, è utilizzato in molti cibi pronti.

L’intolleranza al lattosio è una condizione in cui il consumo di latte e latticini provoca disturbi gastrointestinali come gonfiore, dolore crampiforme e saltuaria diarrea. Ciò è dovuto alla mancanza o alla riduzione degli enzimi necessari per la corretta digestione del lattosio, ovvero dello zucchero contenuto nel latte e nei suoi derivati.

Questi enzimi, detti lattasi, sono deputati alla scissione del lattosio nei due zuccheri che lo costituiscono: il galattosio, essenziale per la formazione delle strutture nervose nei bambini; ed il glucosio, che rappresenta il substrato energetico primario dell’organismo. Infatti, per essere digerito, il lattosio deve necessariamente essere scisso in queste due unità più semplici.

Tuttavia, in alcuni casi, l’intolleranza al lattosio può essere dovuta non tanto alla carenza di lattasi, quanto a quella degli enzimi necessari alla digestione delle proteine del latte.

Questo disturbo, che si stima interessi circa il 40% degli italiani, può essere di origine genetica, e dunque comparire già dall’infanzia, oppure manifestarsi in età adulta.

I principali sintomi possono essere:

  • meteorismo;
  • flatulenza;
  • gonfiore;
  • dolori addominali;
  • diarrea;
  • stitichezza.

Per quanto riguarda l’alimentazione è importante garantire all’organismo un adeguato sostegno, in grado di compensare la mancanza di questo alimento.

Ad esempio si può fronteggiare l’intolleranza al lattosio scegliendo prodotti a base di soia: il latte di soia è ricco di amminoacidi essenziali e ci permette di assumere una buona quantità di vitamine del gruppo B, A ed E. Inoltre contiene pochi carboidrati e grassi saturi, ed ha un apporto calorico molto basso.

Eliminare latte e derivati dalla nostra alimentazione potrebbe causare una carenza di vitamina D e calcio, per questo motivo, si raccomanda soprattutto l’assunzione di verdure a foglia verde, come gli spinaci, e si consiglia di aumentare il consumo di pesce e uova.

Ma per creare un programma alimentare che rispetti le proprie esigenze e che garantisca il benessere, la salute e la sicurezza del nostro corpo, nei casi di intolleranze è fondamentale rivolgersi ad un professionista in grado di creare un percorso specifico e personalizzato.

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