Con l’avvicinarsi delle alte temperature, ritorna il desidero e l’esigenza di scoprirsi, ma anche l’incubo della cellulite.
Questo fastidioso inestetismo riguarda circa il 90% delle donne, poiché non risparmia nemmeno le più attente alla propria linea e al proprio benessere.

La comparsa è legata a diversi fattori, spesso correlati tra loro, tra cui accumulo di tessuto adiposo e di tossine, cattiva circolazione e disfunzioni ormonali.

Come nella maggior parte delle situazioni, condurre uno stile di vita sano, dettato da alimentazione equilibrata e regolare attività fisica, può fare la differenza.

La dieta anticellulite dovrà quindi concentrarsi sull’eliminazione del tessuto adiposo in eccesso e sulla disintossicazione dell’organismo. Possiamo servirci di alcuni alimenti in particolare, che sono in grado di agire sul microcircolo, rivitalizzandolo.

Come sempre, frutta e verdura sono i capisaldi, soprattutto quella ricca di vitamina C, che svolge un ruolo fondamentale in vari processi, tra cui nella protezione dei capillari.
Gli alimenti più ricchi di questa sostanza sono: alcuni frutti freschi (quelli aciduli, agrumi, ananas, kiwi, fragole, ciliegie ecc.), alcune verdure fresche (lattuga, radicchi, spinaci, broccoletti ecc.), alcuni ortaggi freschi (broccoli, cavoli, cavolfiori, pomodori, peperoni) e tuberi (patate soprattutto se novelle).

Carciofo, finocchio, indivia, cicoria, cetrioli, ananas, melone, anguria, pesche e fragole, sono indicati anche per le loro proprietà diuretiche. Tutta questa frutta e verdura può essere consumata anche sotto forma di succhi, concentrati, tisane dimagranti e passati.

Un’altra abitudine molto importante è quella di dedicarsi un giorno a settimana alla dieta disintossicante (detox).
Il lunedì, in particolare, è il giorno più indicato poiché è quello successivo alla domenica, in cui spesso si opta per la tipica abbuffata.
Questa dieta si basa esclusivamente sull’assunzione di liquidi (tè, tisane, succhi di frutta) e vegetali.
Una bella sudata in palestra, magari accompagnata da una sauna o da un bagno turco rilassante, stimolerà ulteriormente l’eliminazione di tossine.

L’acqua rimane un elemento fondamentale. Una corretta idratazione è infatti una delle soluzioni più semplici ed efficaci per combattere la cellulite. Bisogna pertanto sforzarsi di consumare almeno un paio di litri di acqua al giorno.

 

Nonostante queste siano linee generali per contrastare il problema, ogni individuo ha caratteristiche specifiche differenti, per cui è importante adattare un modello di dieta personalizzato affinché sia efficace in maniera rilevante.
Crea un programma alimentare dedicato a te, rivolgendoti a Nutrizione Pisano!

 

 

Il porridge è la colazione anglosassone più nutriente e completa, ecco la versione di Nutrizione Pisano:

 

INGREDIENTI:

  • latte di mandorla o di avena 200 ml;
  • 50g fiocchi di avena o di crusca o di riso soffiato:
  • 2 cucchiaini di miele rasi;
  • frutta fresca 100 g;
  • frutta secca a piacimento 10 g;
  • scaglie di cioccolato fondente 10 g;
  • polvere di cannella a piacimento;
  • 1 cucchiaino di semi di lino, in alternativa 20 g di bacche di goji.

1. Mettete in ammollo la sera prima i fiocchi di avena coperti completamente con acqua.
2. La mattina, mettete i fiocchi di avena ammollati in un pentolino antiaderente e aggiungete il latte, mezza pera tagliata a pezzetti e fate cucinare sul fuoco per circa 4-5 minuti o fino a che il porridge non si sarà addensato e avrà la consistenza che desiderate.
3. A metà cottura unite la frutta disidratata.
4. Versate il vostro porridge in una scodella, aggiungete le scaglie di cioccolato, la restante frutta fresca e i semi di lino. Completate con il miele e la cannella.

N.B. Se non avete modo di mettere l’avena in ammollo la sera prima, mettete i fiocchi secchi nel pentolino, ricopriteli di acqua e fate cuocere per circa 1 minuto, poi unite il latte e procedete come descritto.

Potete anche cucinare il vostro porridge al microonde: basteranno circa un paio di minuti o comunque fino a quando non verrà raggiunta la consistenza desiderata.

In quest’ultimo anno è nata la necessità di praticare attività fisica in casa a causa del Covd-19.

Ma nello specifico, quali sono gli esercizi che si prestano meglio a queste modalità di allenamento?

SALTARE LA CORDA
Non si dà mi abbastanza importanza alla corda per saltare mentre si tratta di un accessorio fitness potente per mantenersi in forma a domicilio. Il suo esercizio completo sollecita la parte bassa del corpo ma tonifica anche addominali, braccia e spalle. Facilmente utilizzabile, è ideale per dimagrire, avere una pancia piatta, aumentare la propria resistenza ed evitare problemi di cellulite. È importante iniziare gradualmente, con 5 minuti di salto, quindi aumentare progressivamente fino a 15 minuti (equivalenti a 30 minuti di jogging) per poi passare a un allenamento di 30 minuti. Effettuare gli esercizi in qualsiasi momento a casa propria (su un pavimento non troppo duro).

CYCLETTE 
L’emblema dello sport a casa, permette di rimettersi in forma, migliorando la propria resistenza: il muscolo, senza traumi per le articolazioni, affina la sua forma e brucia i grassi.
Inoltre, la cyclette è eccellente per preservare il sistema cardiovascolare. Il nostro consiglio: una buona regolazione della posizione è la garanzia per non soffrire di lombari.

ADDOMINALI
Non c’è niente di meglio che gli esercizi di tonificazione addominale per mantenersi in forma e soprattutto rafforzare gli addominali. L’esercizio di base è la panca addominale: in appoggio sui gomiti e sui piedi, contrarre gli addominali e mantenere la posizione per 30 secondi – 1 minuto. Il corpo deve essere ben allineato, come nella posizione delle flessioni. Realizzare 3 serie con un tempo di recupero di 30 secondi, dalle 2 alle 3 volte a settimana. Per lavorare gli addominali medi e i grandi obliqui, eseguire una panca laterale: di lato, in appoggio su un gomito, con i piedi e le gambe unite, mantenere la posizione o compiere dei piccoli movimenti a livello dei fianchi e del bacino per complicare l’esercizio.

GYM BALL
La gym ball è un pallone fitness che permette di rafforzare i muscoli profondi in dolcezza. Se sollecita essenzialmente gli addominali, permette anche di rafforzare cosce e glutei. La gym ball va scelta in base alla propria statura, tenendo a mente che più il pallone è morbido, più gli esercizi saranno facili da eseguire. Consigliamo di gonfiarla gradualmente secondo la propria progressione.

Il pesce è sicuramente uno degli alimenti essenziali all’interno della nostra dieta, da consumare almeno due o tre volte alla settimana, perché ricco di proteine ad alto valore biologico, sali minerali, vitamine e grassi poli-insaturi. Purtroppo però, i livelli di consumo in Italia sono al di sotto della media europea.

Il motivo dell’importanza del pesce è da ricercare nel quantitativo di lipidi presenti negli alimenti che ingeriamo quotidianamente; in particolare, i lipidi sono i cosiddetti grassi e possono essere all’origine di patologie legate all’alimentazione come il colesterolo e  altre patologie ad esso associate.
Nel caso del pesce, il rapporto “proteine/ lipidi” è davvero basso, ed è quindi possibile ingerirne grandi quantità senza il timore che da ciò possano insorgere particolari problemi. Questo lo rende un prodotto davvero unico ed è uno dei pochi che soddisfa le richieste biologiche quotidiane di proteine di cui il nostro organismo ha bisogno.

Ovviamente, non tutti i pesci sono uguali e, a seconda di quelli che consumiamo, il loro effetto sul nostro organismo cambia. Se consideriamo ad esempio il salmone, è ricco dei cosi detti “omega3” estremamente favorevoli per la nostra salute. Un pesce come il merluzzo, che mangiano generalmente sotto forma di stoccafisso o baccalà, avrà una percentuale minore di omega3 ma sarà più ricco di proteine. Quindi, sarà un pesce meno pesante e più “magro”.

Il pesce è importantissimo non solo per il suo contenuto di omega 3, contiene vitamine del gruppo B ma, soprattutto, la D, fonte di studio per il suo importante contributo nella protezione di alcune malattie, come la depressione, il morbo di Alzheimer, il Parkinson. Altre sostanze sono ferro, zinco, iodio.

Dunque si tratta di un ottimo alimento per l’alimentazione di noi adulti così come dei bambini e ragazzi, eppure molto spesso viene rifiutato. Di solito la spiegazione che gli stessi bambini e ragazzi danno è che non ne gradiscono l’odore, o il sapore, o ancora che hanno paura delle spine.
Una strategia risolutiva per introdurre con successo il pesce nelle nostre tavole e farlo apprezzare da tutti, potrebbe essere l’utilizzo di filetti privi di spine e lisca centrale, mentre per ovviare al problema del sapore potrebbe essere utile proporre, almeno per cominciare, pesci dal sapore più delicato, cercando eventualmente di mascherarne l’odore anche con l’uso di spezie o erbe aromatiche varie.

Va sottolineata, inoltre, l’importanza della freschezza del pesce, perché il tempo che trascorre tra la pesca e la preparazione nella vostra cucina assume un ruolo fondamentale, affinché il pesce possa mantenere inalterate le qualità che abbiamo descritto.

 

Stanchi del freddo e del menù invernale? Il mese di marzo, ci porta una ventata di aria fresca!

La lista della frutta e della verdura di stagione a marzo ci lascia con l’imbarazzo della scelta su come prepararla e, soprattutto, sono tantissime le proprietà di cui possiamo beneficiare.

Chi vuole approfittare delle proprietà antianemiche, antitumorali e disintossicanti dei cavolini di Bruxelles può lasciarsi ispirare: sono molte le opportunità e varianti a cui possiamo attingere su come cucinare questo alimento molto ricco di vitamina K.  Il cavolfiore, invece, grazie al suo sapore delicato è può riuscire a conquistare anche i più piccoli di casa con ricette poco elaborate, come ad esempio gratinato al forno.

Sebbene non sia ancora molto diffuso, il topinambur sta conquistando i palati di un numero sempre maggiore di persone. Si tratta di un tubero che si può consumare sia crudo che cotto, e si può preparare al forno, in padella, oppure fritto. Si può utilizzare facilmente come alternativa ipocalorica alle patate. Anche in questo caso, lo si può proporre ai bambini, semplicemente optando per delle sottilissime chips forno con sale e pepe.

Le cime di rapa oltre a essere molto appetitose, hanno proprietà che le rendono una preziosa alleata del nostro organismo.  Svolgono, infatti, un’azione depurativa, antiossidante e detossificante: non soltanto ci aiutano a contrastare l’invecchiamento cellulare, ma contribuiscono anche ad un’efficace prevenzione di malattie cardiovascolari e neoplasie. In cucina, oltre che come condimento della pasta, le cime di rapa sono ottime anche in padella o al vapore.

Originarie del bacino del Mediterraneo e del vicino Oriente, le taccole sono un frutto che, si distingue dalla maggior parte dei legumi, poiché interamente commestibili, semi e baccello compresi.
In cucina, le taccole sono ottime crude in insalata o come antipasto, intere o a pezzi, lessate e condite con olio e limone. Un’alternativa è farle in umido con l’aggiunta di pomodoro, o aggiungerle  al minestrone, per donargli un gusto delicato e molto particolare.

Anche i piselli che conosciamo meglio sono utilissimi: infatti, hanno contemporaneamente proprietà di verdura e di legume. Insieme al riso compongono un ottimo piatto unico, sostanzioso e sano.

Infine, chi soffre di problemi di digestione o meteorismo, ma anche chi semplicemente desidera sostenere in maniera naturale il proprio organismo non può fare a meno del finocchio, sia fresco che sotto forma di tisana. Le proprietà di questo ortaggio sono molteplici: in particolare, svolge una preziosa funzione diuretica e carminativa. Alcuni studi, inoltre, suggeriscono che la tisana al finocchio sia utile anche per ridurre l’appetito, ragion per cui viene consigliata nelle diete dimagranti.

PRAL è una sigla che indica letteralmente il potenziale di carico acido renale.
Si tratta di un metodo scientificamente validato, frequentemente utilizzato per calcolare il bilancio chimico delle molecole acidificanti e alcalinizzanti di un alimento o di un integratore.
Grazie a questo metodo, non solo si stabilisce il pH di un composto, ma si stima la relativa capacità di interazione con il sangue umano.
In sintesi, il PRAL determina l’effetto chimico acido-base di un composto sull’organismo umano.

I fattori da valutare per la stima del PRAL sono:

  1. Proteine totali
  2. Zolfo degli amminoacidi solforati
  3. Fosforo
  4. Potassio
  5. Magnesio
  6. Calcio
  7. La produzione di acidi e basi endogeni rispetto al contenuto dei singoli minerali e amminoacidi coinvolti.

I prodotti con PRAL negativo (PRAL – ) risultano potenzialmente alcalinizzanti (es. ortaggi e frutti) innalzando il PH sanguigno; mentre gli alimenti caratterizzati da PRAL positivo (PRAL +) possiedono un effetto acidificante (es. la carne, i derivati del latte, il pesce e il tuorlo d’uovo) abbassando il PH sanguigno.

Nello specifico, gli alimenti con PRAL + aumentano sensibilmente la presenza di ioni idrogeno nel sangue e l’eliminazione del calcio attraverso le urine. Questo meccanismo è decisamente fondamentale nella valutazione di una dieta sana ed equilibrata, soprattutto quando si prendono in esame alcuni soggetti ad alto rischio di osteoporosi: l’eliminazione urinaria del calcio, infatti, favorisce l’impoverimento della densità scheletrica, alzando così l’indice di rischio per l’insorgenza di osteoporosi nella terza età.
Si evince quindi che, per ottenere un regime alimentare equilibrato, è necessario dosare correttamente gli alimenti alcalinizzanti, utili a contrastare gli effetti negativi di quelli con PRAL+.

Per creare una dieta efficace, equilibrata e soprattutto sicura, rivolgiti al Dott. Giuseppe Pisano.

L’indice glicemico rappresenta la capacità dei carboidrati contenuti negli alimenti di innalzare la glicemia, ovvero il valore che indica la quantità di glucosio presente nel sangue.

Per quantificare l’indice glicemico di un alimento si fa riferimento ad un valore standard, che nella fattispecie è l’indice glicemico di 50 grammi di glucosio o di pane bianco (IG=100).
È necessario assumere 50 grammi dell’alimento da analizzare e monitorare i livelli glicemici nelle due ore successive. Tali valori andranno poi confrontati con quelli dello standard di riferimento.
Se ad esempio un alimento ha indice glicemico pari a 60, significa che ingerendo 50 grammi di quel dato alimento la glicemia sale del 60% rispetto a quanto avviene con 50 grammi di pane bianco.
Alcuni carboidrati vengono assorbiti velocemente e determinano un aumento rapido della glicemia (IG alto);
altri invece rilasciano il glucosio più lentamente (IG basso).

L’indice glicemico è influenzato dalla composizione nutrizionale complessiva dell’alimento o del pasto.
Nello specifico:

  • Fibre, grassi e proteine lo riducono;
  • La maturazione dei frutti lo aumenta;
  • Tipo di glucide in oggetto; il glucosio ha il maggior indice glicemico, mentre il fruttosio quello più basso. L’amido crudo è indigeribile e tutti gli amidi hanno una struttura diversa tra loro, con indici glicemici differenti. L’amido resistente ha un indice glicemico molto basso;
  • Stato di idratazione, poiché i carboidrati “secchi” sono poco digeribili, idratandoli si aumenta l’indice glicemico. Troppa tuttavia, può sortire l’effetto opposto;
  • La cottura dei carboidrati li idrolizza, rendendoli più facilmente digeribili e velocemente assorbibili, aumentando l’indice glicemico. Tuttavia, se la composizione è mista possono subentrare fattori di riduzione della digeribilità proteica, glicazione ecc.;
  • La cottura delle fibre le rende più solubili, quindi meno indigeste ma più capaci di gelificare il contenuto digerente. L’impatto è controverso.

È fondamentale però fare una distinzione, specificando il concetto di carico glicemico:
questo parametro si ottiene rapportando l’indice glicemico di un certo alimento, alla sua porzione media. E’ quindi sufficiente moltiplicare l’IG di un dato carboidrato (es. fruttosio IG=20) per la quantità assunta (ad esempio 30 grammi). Nel caso specifico il carico glicemico del pasto è pari a 20 x 30= 600.
Per non ingrassare e tenere sotto controllo glicemia ed appetito la quantità di ciò che si mangia è dunque più importante dell’indice glicemico del singolo alimento. Escludere dalla propria dieta alcuni cibi solo perché hanno un indice glicemico elevato non ha alcun senso, basta, semplicemente, avere un rapporto equilibrato con il cibo evitando gli eccessi.

Condurre un regime dettato dal consumo di alimenti ad alto indice glicemico incrementa diversi rischi, tra cui:

  • la glicemia sale  più rapidamente;
  • la risposta insulinica è più marcata;
  • l’organismo si abitua ad utilizzare, preferenzialmente, gli zuccheri al posto dei grassi;
  • lo stress ossidativo aumenta provocando invecchiamento precoce e rischio oncologico;
  • dopo 2-4 ore la glicemia scende e torna la fame;
  • nel tempo si crea un sovraccarico di lavoro per il pancreas che causa inizialmente insulinoresistenza e successivamente la comparsa del diabete;
  • il rischio di carie dentaria è maggiore.

Generalmente, per quanto riguarda gli sportivi, è sconsigliata l’assunzione di troppi alimenti ad alto indice glicemico prima della competizione o dell’allenamento: il consumo di zuccheri semplici farebbe infatti aumentare rapidamente la glicemia stimolando la secrezione di insulina con conseguente ipoglicemia secondaria, diminuzione dell’ossidazione dei grassi e possibile rapida diminuzione delle scorte di glicogeno.
I carboidrati ad alto e moderato indice glicemico sono invece utili per favorire il recupero nel post-allenamento.

Gli alimenti a basso indice glicemico hanno un notevole effetto sul rischio cardiovascolare in quanto attenuano l’iperinsulinemia postprandiale e favoriscono un aumento del colesterolo buono (HDL).
In questo caso, per gli sportivi l’assunzione di alimenti a basso indice glicemico prima della competizione ha un effetto positivo sulla performance.
Tenendo conto di tutte queste varianti, è fondamentale trovare il giusto equilibrio che ci permetta di condurre una sana alimentazione. Affidarsi ad un professionista è fondamentale per garantire sicurezza, salute e benessere al nostro corpo.

Celiachia, intolleranza e allergia sono tre disturbi diversi, le cui cause sono ben distinte.

La celiachia è una malattia autoimmunitaria che colpisce solo soggetti geneticamente predisposti. In questi casi, le cellule del sistema immunitario, innescate dal contatto con il glutine, attaccano la mucosa dell’intestino tenue, distruggendo i villi (piccole protuberanze a forma di dito responsabili dell’assorbimento dei vari nutrienti e minerali che, attraverso la parete dell’intestino tenue, vanno a finire nel sangue) e determinano, a lungo andare, malassorbimento e malnutrizione.

I fattori essenziali, quindi, per lo sviluppo della malattia celiaca sono:
– una dieta con cereali contenenti glutine;
– presenza di specifiche sequenze nei geni che definiscono la struttura con cui le nostre cellule immunitarie riconoscono i diversi elementi che vengono a contatto con esse.

I sintomi della celiachia sono estremamente variabili:
nella cosiddetta FORMA CLASSICA (di solito con ESORDIO DA BAMBINI) dominano i sintomi e i segni da malassorbimento, come episodi di diarrea, meteorismo (addome gonfio) anche marcato, dolori addominali crampiformi e scarso accrescimento.

Tuttavia, sempre più frequentemente la celiachia si manifesta in ETÀ ADULTA con sintomi extra-intestinali aspecifici (detti anche SINTOMI ATIPICI), tra i quali, ad esempio, anemia da carenza di ferro, osteoporosi, debolezza muscolare, disturbi della fertilità e ripetuti aborti spontanei, alterazioni della coagulazione, afte orali, alopecia, formicolio a livello delle mani e dei piedi e convulsioni.
Spesso, però, questi sintomi sono lievi e la diagnosi corretta richiede anni.

Questa patologia può anche manifestarsi con i sintomi delle malattie associate ad essa: le malattie autoimmuni della tiroide, il diabete di tipo 1, la psoriasi, la gastrite, le epatiti autoimmuni e, soprattutto, la dermatite erpetiforme di Duhring, malattia caratterizzata da vescicole estremamente pruriginose che compaiono sulla superficie degli arti, sulla schiena e sui glutei.

L’intolleranza invece è un fenomeno di ipersensibilità. Si scatena, una sorta di meccanismo di accumulo, per cui un eccesso di glutine genera l’insorgenza di sintomi quali diarrea, gonfiore addominale, mal di pancia, crampi, perdita di peso.
Anche in questo caso, i sintomi possono essere dolore e disagio del tratto digestivo, costipazione cronica o diarrea (talvolta alternati, simulando in tal senso una sindrome da colon irritabile), difetto della crescita nei bambini, anemia (apparentemente ingiustificata e che non risponde all’integrazione alimentare marziale) e stanchezza.

Infine l’allergia è mediata dal sistema immunitario, in particolare dall’azione delle immunoglubuline che causano una reazione allergica, quasi immediata (a distanza di minuti o di ore), in seguito a ingestione di un dato alimento.

Chi soffre di queste patologie è pertanto obbligato a sospendere l’assunzione di glutine per tutta la vita ed è dunque fondamentale limitarsi al consumo di prodotti con la dicitura “senza glutine”, dato che in questi soggetti non vengono tollerate neanche le contaminazioni.

Soprattutto in questo caso è fondamentale rivolgersi ad un professionista per creare un programma alimentare sano, equilibrato e completo!
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La dieta personalizzata è il regime alimentare più valido ed efficace per perdere peso, poiché permette di dimagrire senza rischi per la salute e in modo duraturo

Si tratta di una dieta elaborata sulla base delle specificità ed esigenze nutrizionali di ogni persona. I fattori basilari che si vanno a considerare sono:

  • peso
  • altezza
  • età
  • sesso
  • stile di vita
  • preferenze alimentari.

Lo scopo è quello di creare un piano alimentare facile da inserire nella nostra routine quotidiana, che rispetti le nostre esigenze e che garantisca risultati evidenti e duraturi in sicurezza.

Molto spesso sul web ci si imbatte in diete veloci preconfezionate, generalmente molto drastiche, che attirano con la promessa di un dimagrimento veloce.  Questi regimi creano un vortice di abitudini sbagliate e di conseguenze pericolose, come ad esempio l’effetto yo-yo. Le diete restrittive, infatti, oltre ad essere dannose per la salute del nostro organismo, a causa dell’eccessiva rigidità, una volta terminate portano a mangiare tutto ciò che ti sei negato nel periodo della dieta e anche di più.

La dieta personalizzata, invece, è un percorso  di educazione alimentare che ti insegna a mangiare bene per stare in salute e in pace con il tuo corpo. Si tratta di imparare regole che devono entrare nella quotidianità per il resto della vita.

Una dieta fatta su misura per te, infatti, non comporta sacrifici impossibili e si adatta alle tue esigenze e ai tuoi ritmi di ogni giorno.

Proprio per questo motivo funziona: tarandola sulle necessità di ogni individuo, è modellata sui suoi gusti non costringe a sacrifici o forzature. In sintesi, è equilibrata, sana e semplice da seguire.

Se, al contrario, la dieta non è personalizzata, rischia di risultare impossibile da seguire nel lungo periodo, di non produrre effetti oppure di sottoporre l’organismo ad uno stress, soprattutto nel caso in cui preveda un apporto di calorie e nutrienti inferiore al fabbisogno: il rischio, in questo caso, è un dimagrimento troppo drastico, spesso seguito da un rapido recupero del peso perso.

Rivolgiti al Dott. Giuseppe Pisano per maggiori informazioni e crea un percorso alimentare dedicato esclusivamente a te!

 

 

 

Uno studio condotto dal Dott. Samir Giuseppe Sukkar (primario di Dietetica e Nutrizione Clinica dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova), ha evidenziato che la dieta chetogenica assume una valenza antinfiammatoria quasi simile a quella dei farmaci anti-citochine, nella lotta contro il Covid-19.

È sempre stata chiara la stretta correlazione che intercorre tra alimentazione e salute, in quanto un regime alimentare inadeguato, oltre a incidere negativamente sul benessere psico-fisico, rappresenta uno dei principali fattori di rischio per l’insorgenza di numerose patologie.

Nel mese di marzo, Il Dott. Sukkar si è quindi concentrato su un eventuale supporto nutrizionale dal punto di vista immunomodulatore. In particolare, è stata presa in considerazione una possibile ipotesi di trattamento, analizzando il fatto che la sindrome da Covid, porta alla morte e al ricovero a causa della tempesta o sindrome citochinica, provocata  dall’iperattivazione dei macrofagi M1, cellule infiammatorie che si trovano nell’alveolo polmonare allo stato di quiescenza e che si attivano nel momento in cui arriva un virus. Il metabolismo dei macrofagi M1 metabolismo è quasi esclusivamente glicolitico: ovvero utilizzano esclusivamente lo zucchero per produrre energia. Di conseguenza, se si riduce il glucosio come fonte energetica primaria, si riduce il nutrimento per gli M1.

La dieta chetogenica, apportando una quantità di glucosio inferiore a 30 grammi al giorno, porta ad una minore disponibilità di nutrienti per i macrofagi M1, e rappresenta quindi la soluzione alimentare più adeguata. Oltre a fermare l’iperattivazione dei macrofagi M1, fornire una quantità elevata di grassi rispetto agli zuccheri, facilita anche il processo di guarigione, favorendo l’azione positiva degli M2. Questo perché i macrofagi M2, macrofagi spazzini, sono cellule voraci di grassi, che utilizzano come fonte energetica. Inoltre, la presenza di acidi grassi omega 3 all’interno di questo regime alimentare, riduce il processo infiammatorio.

I risultati positivi di questa teoria si sono riscontarti su 38 pazienti  comparati a 76 pazienti che non avevano seguito questo regime alimentare. È stata registrata una significativa riduzione della mortalità per Covid e del numero di pazienti ricoverati in terapia intensiva.

Tuttavia, la dieta chetogenica ha le sue controindicazioni, ed è quindi fondamentale essere seguiti da un professionista del settore, prima di iniziare questo tipo di percorso alimentare.

Per maggiori informazioni, richiedi una consulenza al Dott. Giuseppe Pisano.